CORSO - BASE WINDSURF

 

 

 

1. Preparazione dell'attrezzatura

2. Preparazione della vela

3. Preparazione della tavola

4. Prima uscita in acqua

5. Virata elementare

6. Strambata elementare

 

 

Preparazione dell'attrezzatura

Abbiamo tutta la nostra bella attrezzatura con noi, magari acquistata usata ad un prezzo stracciato (meglio!),  tutta bella impacchettata. Avremo il rotolo con custodia della vela, due pali in vetroresina o carbonio, cioè le due sezioni dell'albero, un tubo più o meno ad elisse, cioè il boma, un innesto a tappo con carrucole a volte provvisto di un tubo-prolunga, il piede d'albero, e una basetta con snodo flessibile da attaccare alla tavole nel binario del track. 

Il "pezzo di tubo" di cui si parlava, in alluminio (o carbonio), è la prolunga, va messa tra la base d'albero e appunto l'albero e serve normalmente per allungare l'albero di quel tanto che basta per la vela che possediamo. Teniamo conto che invece se la vela ha il vario-top, cioè una specie di cappuccio in cima da regolare con un nastro o con delle corde e l'albero è appena più lungo della tasca d'albero della stessa, la prolunga non serve (questo avviene di solito sulle vele scuola e sulle misure piccole delle vele wave).

Dalla parte della tavola avremo: la tavola appunto, la deriva a scomparsa, che ci conviene lasciare sempre infilata e per adesso in posizione tutta rientrata, la pinna attaccata sotto e dietro, e la basetta d'albero, molto spesso oramai, diremmo sempre per le moderne attrezzature, integrata con lo snodo flessibile; è un componente che andrà avvitato nel track della tavola e collegato solo all'ultimo momento al rig.

 

Preparazione della vela

Allora: estraiamo e srotoliamo la vela, possibilmente su una superficie liscia e non ruvida o meglio su un prato; poi prendiamo i due pezzi dell'albero, li uniamo e li infiliamo un po' alla volta dal basso nella tasca d'albero. Attenzione nel congiungere i due pezzi dell'albero o l'albero alla prolunga nella sabbia, si rischia, una volta bagnato il tutto, di trovarlo incastrato!

Ricordiamoci poi che dovremo predisporre albero e prolunga in modo che la somma della lunghezza dell'albero e della prolunga preregolata da noi corrispondano a quanto stampato sulla vela con "luff". Se invece usiamo una vela con il variotop e un albero piu` lungo della misura scritta come luff, dovremo allungarre il nastro in cordura del variotop quel tanto di differenza fra i due.

L'albero farà appena un po' di fatica ad entrare nella tasca, perché quest'ultima è curva, mentre l'albero, inizialmente, è diritto; non preoccupatevi, non è un difetto della vela, è normale... Una volta inserito l'albero fino in fondo, verificare che la punta dello stesso si sia bloccata nel cappuccio terminale della vela, che potrà essere esterno se la stessa ha il vario-top, cioè il top regolabile, o una sorta di tappo interno, posto in cima alla fine della tasca d'albero.

 

 

Poi controllare che tutte le stecche siano posizionate da una parte dell'albero, adesso ci sembreranno un po' sforzare la tasca, ma dobbiamo ancora dare tensione alla vela, per cui non ci preoccupiamo.

Dopodichè prendiamo il c.d. piede d'albero, lo infiliamo nella base dell'albero a mo' di tappo con le carrucoline dalla parte della vela, e cominciamo a passare la cima della scotta d'albero o scotta di caricabasso attaccata al piede nell'anello o nelle carrucoline poste alla base della vela; in genere sono normali 2-3 passaggi.

Consiglio pratico: se, come normale all'inizio, possedete una sola vela, potrà essere comodo lasciare il piede d'albero attaccato alla base della vela con la cima, meglio allora un po' più lunga del necessario, già passata correttamente e con i passaggi lasciati laschi al massimo; il capo libero della cima avrà un nodo a dieci centimetri dall'estremità per evitare che la stessa si sfili. Questo sistema ci potrà evitare le lungaggini dell'infilare ogni volta la corda nelle carrucole, coi frequenti iniziali errori e conseguenti attorcigliamenti della scotta dell'albero.

Prima di tirare la scotta di caricabasso è importante controllare per un attimo che l'innesto fra le due parti dell'albero sia infilato del tutto, tastando la tasca della vela all'incirca a metà, altrimenti potremmo causare rotture all'albero, specie se è in carbonio.

Quindi dovremo tirare con una certa forza la scotta dell'albero o caricabasso, posizionandoci seduti a terra e con un piede contro la base del piede d'albero, e bloccare la cima nello strozzascotte. Noteremo che l'albero si incurva e la vela perde in parte le sue pieghe ed anzi assume una forma un po' panciuta da una parte, controlliamo che le stecche siano tutte da una parte, e se ne fosse rimasta una dall'altra spingiamola di là con delicatezza.

Poi prendiamo il boma, che avremo allungato fino a un massimo di 5 cm in più della lunghezza scritta sulla vela e/o sulla sua custodia (spesso come "boom"), lo passiamo dalla base della vela con ovviamente un lato dell'elisse per parte della stessa, e con la maniglia, cioè la parte meno allungata dello stesso e dotata del meccanismo di fissaggio a leva, dalla parte dell'albero, meccanismo che avremo completamente aperto prima, lascando al massimo il relativo cordino; se al boma sono attaccate due corde ad "U" una per parte, dovranno esser rivolte verso il basso e l'esterno, cioè verso il piede dell'albero, anche la cima di recupero dovrà spuntare verso il basso.

Posizioniamo la maniglia in corrispondenza dell'apposita apertura della tasca d'albero sulla vela, indicativamente appena sopra la metà se siamo persone alte all'incirca 1,70 cm, a due terzi se siamo oltre 1,75, e facciamo entrare l'albero nella "C" del meccanismo, prendiamo l'anello di cordicella a "u" che va ad attaccarsi sull'apposita linguetta in testa della "c" del meccanismo, e chiudiamo la leva esterna per bloccare il tutto (tirando un po' la cordicella se il blocco è un po' lasco).

Poi prendiamo la cima che è attaccata dall'altra parte (quella con l'angolo più acuto) del boma, la passiamo due volte nell'anello di bugna della vela e nelle carrucole della bugna stessa, ne fissiamo l'estremità al boma o alla vela, e poi, da seduti, tiriamo questa cima detta scotta di bugna fino a tendere abbastanza la vela e a far sì che le stecche della vela tocchino l'albero senza però esser visibilmente bloccate su di esso; sulle vele nuove sarà sufficiente tendere appena la bugna, diciamo poco se il vento e leggero, un po' di più se è sostenuto. Arrotoliamo la cima che avanza intorno alla bugna e blocchiamone l'estremità con un nodo "parlato".

Se poi la nostra vela non e' delle ultimissime, nelle quali una volta tesa bene di caricabasso la bugna, come detto, siamo a posto, riprendiamo un attimo la scotta di caricabasso della vela, insomma la cima che è servita per bloccarla sulla base d'albero, e tendiamola con forza, bloccandola sullo strozzascotte. Se la vela toccasse il piede d'albero prima di tenderla bene ma senza esagerare, vuol dire che non abbiamo regolato correttamente l'insieme prolunga+albero, secondo le indicazioni scritte sulla vela e/o sull'albero come "luff", cioè tasca d'albero (anzi meglio sempre lasciare qualche cm in più), oppure che il nostro albero è un po' più morbido di quello previsto per la vela; verifichiamo rapidamente se possibile le misure. Allora molliamo la scotta e la laschiamo, e allunghiamo di una tacca la prolunga, per poi ritirare il tutto, senza mollare la bugna.

Una volta tesata bene la base della vela, o come si dice, cazzata di caricabasso, la cima che avanza la infiliamo rapidamente nel piede d'albero, oppure, sistema più rapido, la arrotoliamo rapidamente intorno alla base d'albero, senza però interferire con il meccanismo o il pulsante di attacco del piede d'albero allo snodo flessibile.

A questo punto la base della vela dovrebbe essere, per un utilizzo normale, diciamo freeride e principianti, molto vicina alle carrucole e praticamente in asse con la parte terminale dell'albero chiusa dal "tappo" del piede, come si vede dalla foto. Per il wave invece taluni preferiscono lasciare qualche cm di spazio.

Infine, solo se le stecche non fossero preregolate con chiave a brugola, come in tutte le vele moderne, ma avessero ancora la fettuccia, le tensioniamo bene senza esagerare, basta far sparire le pieghe dalla tasca delle stecche e dalla vela intorno.

Importante! Ricordiamoci a questo punto assolutamente di passare l'anello terminale della cima di recupero della vela intorno al piede d'albero, pena il ricordarcelo quando è già tutto pronto e dover allora staccare il rig dalla tavola…

Ok, il rig adesso è pronto! Dovrebbe apparire disteso e con assenza di evidenti pieghe, con una forma panciuta della vela nella zona del boma e invece un aspetto allentato in balumina, cioè in cima, specie sulle vele moderne.

Tutto questo procedimento, che scritto così vi parrà complesso e lungo, in realtà con la pratica e dopo quattro - cinque volte vi verrà facile e rapidissimo; specie se fuori soffiamo 20 nodi e voi non state più nella pelle dalla voglia di uscire!

Prima di uscire un'ultima verifica: badando bene di non essere in pieno vento o in prossimità di mamme - bambini - vecchiette - cani, con un piede sul piede d'albero tirate su la vela con la cima di recupero, fino a farla arrivare quasi verticale; attenzione a non farlo su superfici che possono rovinare il piede d'albero. Controllate a questo punto che la maniglia vi arrivi più o meno allo sterno, o, se non avete montato lo snodo, un po' più in basso, diciamo allo stomaco. Inoltre - anche se questo vi servirà al momento della planata, e sempre che dette cime siano presenti - dovreste verificare anche che le cime del trapezio, quelle "u" che sporgono dal boma, siano fissate in modo corretto: dovrebbero distare all'incirca "cinque pugni chiusi" dalla maniglia del boma, e intervallate da tre pugni chiusi, la lunghezza dovrebbe essere tale, all'incirca, da far entrare con difficoltà il gomito nella "u" impugnando a polso piegato il boma al centro fra l'attacco delle due cime. Va detto però che bisognerà poi verificare la centratura delle cimette in  base alla singola vela ed in particolare va ricordato che in genere vanno posizionate più avanti per le vele piccole, più indietro per quelle grandi, ovviamente più lunghe di boma.

Variante: un'alternativa da prendere in considerazione nel caso, non infrequente, che non sia possibile montare il rig a terra, o trasportarlo da terra in acqua senza rischi (per es. in una spiaggia affollata o su una costa impraticabile o rocciosa), può essere, se si ha buona confidenza con l'acqua, quello di montare il rig direttamente in acqua. Condizione essenziale è l'assenza di onde e di corrente e la presenza di un basso fondale con l'acqua che, sotto riva, non arrivi oltre lo stomaco. I bravi nuotatori possono riuscirci anche senza toccare il fondale, ma questo non è consigliabile per l'utente medio… Si porteranno allora tutti gli elementi sulla riva, si srotolerà la vela sulla superficie dell'acqua, s'infilerà rapidamente l'albero già premontato sulla riva, si tapperà la base con il piede d'albero, che dovrà necessariamente essere stato preattaccato sull'anello della base della vela, come consigliato sopra, poi si procederà con le altre fasi. Il vantaggio è che non strisceremo la vela sul suolo, rischiando di graffiare o tagliare il monofilm su oggetti taglienti; questo a patto di non lasciare nessun elemento libero e di prestare una certa attenzione.

 

 

Preparazione della tavola

 

Prima uscita in acqua

 

Adesso s'inizia a navigare! Va premesso che i testi classici consiglierebbero una fase preliminare di presa di confidenza con la tavola senza rig e pertanto ci soffermeremo brevemente su di essa, anche se, in realtà, la tavola da windsurf senza il rig che bilancia e stabilizza appare molto più instabile di quanto lo sarà con lo stesso montato, e pertanto la situazione può inutilmente impressionare e spaventare i meno avvezzi all'equilibrio su oggetti instabili. In ogni caso: prendiamo la tavola solamente, meglio se con deriva rientrata o tolta e senza snodo e, lasciando il rig sulla spiaggia, portiamola dove l'acqua ci arriva più o meno alla vita, così da lasciare un margine di fondale per gli inevitabili tuffi… Saliamo su di essa a metà, ponendo un piede a destra ed uno a sinistra della basetta dell'albero e tenendoci sulla mezzeria della tavola. Prendiamo confidenza con l'equilibrio sulla tavola, spostandoci poi leggermente indietro e avanti e poi provando a metterci rivolti verso la  prua e verso la poppa.

Superata questa fase, ricolleghiamo il rig alla tavola, posizioniamolo con l'albero sottovento a 90° rispetto alla tavola, mettiamoci dall'altra parte e facciamo sì che il vento ci arrivi sulle spalle. Insomma, se è un vento onshore, noi dovremo avere le spalle verso il mare, la tavola trasversalmente davanti e il rig dall'altra parte a 90°, con la maniglia del boma rivolta possibilmente verso la prua.

Ah ricordiamoci, per il debutto: tavola grande, vela piccola, vento pochissimo!

Consiglio pratico: va precisato che, a termini di (assurda) legge, nella pratica del windsurf è obbligatorio sempre indossare il giubbotto salvagente omologato almeno EN50, pena sanzioni. Il che, se può essere assolutamente giustificato e consigliabile in acque profonde o con vento forte o per chi non ha grande confidenza con l'acqua, nei primi tentativi in acqua bassa in spiaggia sembra un tantino eccessivo. Ma essendo legge, non possiamo che invitare ad indossarne uno.

Verifichiamo che la deriva sia tutta fuori ed altrimenti posizioniamola così. Saliamo sulla tavola in ginocchio posizionandoci con una gamba da una parte ed una dall'altra rispetto al piede d'albero. Prendiamo adesso la cima di recupero, mettiamo un piede esattamente a cavallo della metà longitudinale della tavola e alziamoci in piedi, aiutandoci leggermente con la cima di recupero, ma senza appenderci ad essa.

Ok, siamo in piedi sulla tavola e con la cima in mano… se non l'abbiamo presa prima, afferriamola adesso per l'estremità vicina all'asola presa nello snodo. Adesso impugnandola bene con tutte e due le mani messe una dietro l'altra, flettiamo le ginocchia quasi sedendoci sui talloni e recuperiamo più cima possibile, tirando in modo eguale con entrambe le braccia; adesso alziamoci in piedi, senza assolutamente piegare la schiena e le spalle in avanti; anzi andiamo invece un po' indietro col corpo per controbilanciare il peso della vela. La vela a questo punto sarà leggermente sollevata dall'acqua, con l'albero a circa 45°: portando ancora un po' il peso all'indietro recuperiamo progressivamente la restante parte della cima di recupero, evitando sempre il più possibile di piegare la schiena in avanti. Teniamo conto che più solleviamo la vela dall'acqua, più ci apparirà leggera, e quindi, se non prestiamo attenzione e recuperiamo l'equilibrio gradualmente, rischiamo di perdere il contrappeso che ci reggeva in piedi e di cadere all'indietro.

Consiglio pratico: se capitasse di cadere verso la vela, sarà consigliabile evitare di caderci… dentro! Pertanto, sarebbe meglio cadere dalla parte della maniglia, dove non c'è insomma la vela stesa in acqua. Se però ci accorgiamo che stiamo per finire inevitabilmente sulla vela,appoggiamoci con le braccia sul boma: questo ci renderà possibile talvolta anche il ritornare sulla tavola in ginocchio, altrimenti cerchiamo di scivolare col corpo dalla parte della bugna senza andare con le ginocchia dentro al vela.

Un piccolo intermezzo: coraggio, anche se in questa fase la nostra performance fosse molto simile a certe comiche di una volta, con ripetute cadute e tuffi in tutte le posizioni e maniere, non deprimiamoci ed affrontiamo il tutto con spirito. Magari provare in gruppo fra amici, stimolandoci o sfottendoci a vicenda, può essere un modo - garantito - per farsi parecchie risate…

Ok, la vela si sta sollevando e l'abbiamo oramai quasi a portata di mano. Se tendesse a ritornare verso l'acqua per un colpo di vento o per un'onda che ci sbilancia, non tentiamo di bloccarla di colpo, ma assecondiamola un po', tentando di frenare la sua discesa mollando un po' della cima di recupero, spostando il peso all'indietro ed abbassandoci sulle ginocchia, ma senza impuntarci irrigidendo le gambe e piegando la schiena in avanti. Se invece siamo quasi arrivati ad impugnare il boma sulla maniglia, impugniamo il tratto di albero appena sopra la maniglia con la mano che sta dalla parte della prua, la mano davanti, che d'ora in poi chiameremo mano dell'albero, tenendo però il braccio pressochè teso in modo che la vela stia sempre dall'altra parte della tavola rispetto al corpo e ci faccia da contrappeso nell'equilibrio.

Adesso il piede che avevamo verso prua oltre l'albero lo portiamo indietro e a fianco della basetta dell'albero stessa e contemporaneamente con il braccio dell'albero spostiamo un po' in avanti verso la prua la vela, ma sempre tenendola fuori del bordo opposto a quello in cui siamo noi, cioè lasciandola sottovento. Prendiamo a questo punto il boma con l'altra mano, detta mano della vela, abbastanza vicino alla maniglia, poi spostiamo la mano dell'albero sul boma, allarghiamo un po' la mano della vela posizionandola sul boma un po' più verso la bugna, e con questa mano tiriamo leggermente o meglio cazziamo un po' la vela, portandola massimo a 45° rispetto alla tavola; se questa fa troppa resistenza e tende a tirarci verso di lei, reagiamo flettendo le ginocchia e spostando il peso indietro, evitando come al solito di ingobbirci e di piegarci in avanti; se non bastasse, laschiamo, cioè molliamo, un po' la vela con il braccio della vela, mentre il braccio dell'albero dovrà restare non teso ma abbastanza disteso. Portiamo adesso il piede anteriore appena dietro la base dell'albero.

Partiti! Se guardate in basso in fianco ai piedi vedrete con emozione che state scivolando dolcemente sull'acqua e vi assicuro che già questo vi "prenderà" moltissimo!!! E vi ripagherà magari dei molti tuffi maldestri magari rimediati finora…

Consiglio pratico importante: potrebbe anche accadere, da adesso in poi, di cadere sopravento all'indietro tirandosi la vela sopra, nella situazione opposta quindi a quella - ammettiamolo, un po' fantozziana - del tuffo sottovento in avanti nella vela. Questa situazione va conosciuta in quanto può presentare alcuni aspetti non proprio piacevoli, che è meglio saper affrontare. Allora: stiamo cadendo all'indietro; il top sarebbe lasciare la vela abbastanza presto da far si che cada ancora sottovento, dall'altra parte, in modo da poterla recuperare poi subito e ripartire correttamente senza troppi problemi. Se però, come spesso accade, vediamo che non c'è nulla da fare e ci stiamo tirando dietro la vela, teniamo conto che può capitare allora di trovarci la vela che ci si adagia sopra sulla superficie dell'acqua e apparentemente ci impedisce di riemergere e respirare! In realtà, consideriamo che, nel punto più largo, la classica vela scuola sarà larga 1,80, 1,90 metri, per cui l'uscita è lì a destra o sinistra, basta non farsi prendere dal panico. Un sistema è quello, in caduta, di non mollare il boma per niente (solo da evitarsi ad alte velocità… non è il nostro caso), ed usarlo come "corrimano" per uscire da sotto la vela; oppure, se abbiamo perso o mollato la vela in caduta e stiamo per riemergere, è consigliabile riemergendo estrarre verso l'alto un braccio ed una mano, per evitare la non rara eventualità che... mentre noi usciamo dal pelo dell'acqua ci finisca sulla testa l'albero o il boma in caduta. Se la vela è invece già sopra di noi, muoviamo un attimo il braccio per trovare il boma, al secondo tentativo, se non lo abbiamo beccato usciamo decisi verso un lato senza fermarci e tornare indietro.

Ok adesso siamo pronti per planare… scherzo! Un passo alla volta. Innanzitutto prendiamo confidenza con l'andatura col windsurf. Ricordiamoci: per correre di più dovremo cazzare la vela tirandola con la mano della vela, per correre di meno, o se il vento tende a tirar via la vela e magari noi dietro, bisognerà lascare con la stessa mano, mentre il braccio e la mano dell'albero dovranno sempre restare abbastanza distesi e fermi. Infatti, servono ad un'altra cosa: spostando col braccio dell'albero il rig in avanti la tavola tenderà a poggiare, cioè a dirigersi con la prua verso il sottovento, mentre se si tira la vela indietro la tavola tenderà a girare sopravento o verso il vento, cioè ad orzare. A proposito, tanti termini nuovi non devono spaventare, pensiamo che molti provengono pari pari dal mondo della navigazione a vela in genere, e poi non è che nello snowboard ce ne siano pochi, per esempio.

 

Virata elementare

Adesso che sappiamo dove andare e come arrivarci, c'interesserà anche sapere… come girarsi per tornare indietro! Quindi sarà necessario imparare da subito almeno la c.d. virata elementare.

Consiglio pratico-premessa: se già ci divertiamo ad andare sù e giù magari lungo la spiaggia (fuori dalla zona dei bagnanti!!!) e vediamo che ci mettiamo un po' ad imparare la virata, nel frattempo, se fosse proprio necessario cambiare subito direzione, possiamo orzare sempre di più inclinando la vela molto all'indietro e poi tirarcela dietro sopravvento cadendo in acqua volontariamente; a questo punto nuotiamo dall'altra parte della tavola, se vogliamo la giriamo di 180° nuotando, facilitandoci cosi il successivo recupero della vela, risaliamo e via. Il sistema non è certo elegante, ma meglio avere un metodo di emergenza, piuttosto che trovarsi nell'impossibilità di girare…. Però, è molto consigliabile apprendere da subito la prima vera manovra, la virata, secondo quanto segue.

La virata elementare non è altro che un tornare un po' indietro nella procedura di sollevamento del rig, per poi compiere un lento movimento rotatorio intorno alla base dell'albero. In ogni caso si dice virata ogni cambio di direzione in cui la prua passa nel vento o meglio passa per un punto dove indica esattamente la direzione del vento.

Arrivati al punto in cui dobbiamo virare, spostiamo la mano dell'albero sul tratto di albero appena sopra la maniglia, oppure prendiamo la cima di recupero nel suo tratto più vicino al boma, lasciamo la vela con la mano della vela e posizioniamola vicino all'altra, nel frattempo spostiamo il piede anteriore oltre la base d'albero. A questo punto, ritornati insomma più o meno alla posizione post sollevamento del rig, cominciamo a muoverci con piccoli passetti intorno alla base dell'albero dando le spalle alla prua e facendo lentamente passare la bugna sopra la poppa. Vedremo che in realtà la vela sta ferma in "filovento", ed è invece la tavola sotto i nostri piedi che cambia direzione. Arrivati a 180 gradi di rotazione, cioè praticamente dall'altra parte della tavola con le spalle verso il bordo, ma con il piede anteriore ovviamente opposto rispetto a prima, recuperiamo la vela e ripartiamo come prima descritto.

 

Strambata elementare

Per la strambata elementare vale lo stesso discordo della virata, si fanno solo gli "altri" 180° gradi di rotazione coi piedi. Innanzitutto: strambata significa cambio di direzione poggiando, cioè allontanando la prua dal vento in modo tale che la poppa passi nel vento per trovarsi alla fine su una nuova "mura", cioè lato di navigazione.

Allora: viaggiando col vento al traverso poggiamo un po' e contemporaneamente spostiamo il piede oltre il piede d'albero, avvicinando a questo entrambi. Lasciamo la vela con la mano della vela e posizioniamoci come descritto sopra per la virata, cioè nella posizione terminale di recupero della vela; dopodichè cominciamo a muoverci intorno alla base dell'albero con piccoli passi, facendo però - attenzione - passare la bugna (per chi se lo è dimenticato, corrisponde all'estremità del boma posta dall'altra parte dell'albero e della maniglia, per i quali stiamo reggendo il rig), questa volta, sopra la prua. Anche in questo caso constateremo che in realtà la vela sta ferma e "fileggia" (anche se in realtà le attuali vele in monofilm sono rigide e non sbattono..), ed è sempre la tavola sotto i nostri piedi che cambia direzione. Percorsi i 180 gradi di rotazione e giunti nella posizione opposta rispetto a prima, con la vela perpendicolare alla tavola e posta sull'altro lato, arrestiamoci e cominciamo a procedere al recupero della vela e ad una nuova partenza.

REGOLE E CONSIGLI

Ok, adesso tutte le nozioni tecniche di base per "scorrazzare" su e giù per il nostro spot ce le abbiamo. Però, siccome navigare a vela ha le sue regole come se non di più che gli altri campi, sarà il caso di menzionarne qualcuna adesso che probabilmente ci troveremo ad incrociare altre imbarcazioni o altre tavole a vela.

Le precedenze. Siccome in acqua non ci sono - salvo nei canali navigabili e nei loro incroci, zone peraltro precluse ai windsurf - corsie e dare la precedenza o stop come sulle strade, ci troveremo sicuramente prima o poi ad incrociare la c.d. "rotta" (ovverosia percorso, direzione) di un'altra imbarcazione e, se nessuno dei due cambia appunto rotta e da la precedenza all'altro, presto entrambi si troveranno sulla cosiddetta "rotta di collisione"…

Precedenza per le imbarcazioni a vela. Allora, fra un'imbarcazione a vela ed una a motore dovrebbe avere la precedenza quella a vela; se dico "dovrebbe" è perché la stragrande maggioranza dei navigatori della domenica purtroppo non sembra conoscere questa regola tradizionale, per cui è il caso di prestare attenzione ed anzi talvolta di richiamare quella del navigatore in erba, magari intento ad osservare un altro windsurf voltato da tutt'altra parte…

Precedenza per chi ha la mura a dritta. Se invece incrociamo un'altra imbarcazione a vela, osserviamo chi dei due ha la mura a dritta, ovverosia ha la parte sopravento (detta mura o murata perché nelle barche a vela emerge dall'acqua di più dell'altra essendo l'imbarcazione inclinata sottovento) posta a destra: ebbene chi ha la mura a dritta ha la precedenza sull'altro. Altro sistema rapido per immaginare la mura è quello di guardare il boma e immaginare da che parte della prua punterebbe l'ideale prolungamento dello stesso; questo sistema funziona meglio specie nelle andature al lasco o di poppa.

Precedenza per chi è sottovento. Questo vale se l'altra imbarcazione a vela o windsurf che sia procede nella direzione opposta alla nostra. Se però stiamo incrociando una barca che procede più o meno nello stesso senso nostro, ma ci è sopravvento o sottovento e sta procedendo ad un'andatura tale per cui… siamo nuovamente in rotta di collisione, se - poniamo - le due tavole sono più o meno alla stessa altezza e non ce ne è una più avanzata dell'altra, avrà la precedenza quella che sta sottovento, ossia quella delle due che, se vogliamo dire, è più lontana al punto immaginario da dove proviene il vento, e la tavola sopravento che vede la seconda (il cui surfista sarà tra l'altro presumibilmente voltato di spalle) più o meno attraverso la vela. Di altre regole veliche più complesse riguardanti, per esempio, un'imbarcazione sopraggiungente da dietro non è nemmeno il caso di dar conto in questa sede, tanto sono poco conosciute dalla media dei navigatori…

Anche per queste due regole tradizionali, ed in particolare per la seconda, vale comunque il consiglio dell'estrema cautela, in quanto si riscontrano molti… ignoranti in acqua; cosa purtroppo constatata sul campo - per esempio - anche nel regno del windsurf, a Torbole sul Lago di Garda. Siccome avremo oramai notato che la tavola da windsurf… non ha i freni (controvela a parte, ma si vedrà in caso più avanti…) ed ha un discreto abbrivio, buona norma è anticipare sempre ogni rotta o suo cambiamento rispetto ai tempi "terrestri", e, nel dubbio, lasciare la precedenza in ogni caso, magari arrestandoci e rilasciando la vela nella posizione post sollevamento o di virata-strambata elementare, se non del tutto in acqua per arrestare la tavola il più possibile. Ricordiamoci poi che in navigazione non si deve passare mai vicini alle altre imbarcazioni come nel traffico urbano terrestre, ma si deve lasciare sempre almeno qualche metro di rispetto, necessari per evitare che un'onda o un colpo di vento possano portare ad una collisione improvvisa.

Dopo queste regole di precedenza, alcune, altrettanto classiche, regole di prudenza.

Il vento da terra. Con vento proveniente da terra, detto "off-shore", nella fase di apprendimento in cui siamo, sarà bene prestare molta attenzione e limitarci a navigare solo, se possibile, vicino alla costa, con mare calmo e venti non troppo forti, e, specialmente, con tavola dotata di deriva che ci permetta di risalire il vento verso la spiaggia. Evitare comunque di uscire in presenza di correnti che portano al largo.
Il vento forte. Anche se ci viene l'acquolina in bocca, sarà meglio per il momento poi evitare di uscire quando il vento comincia a creare le cosiddette "ochette" sulle onde, ovverosia le schiume bianche. E' un segnale di vento ottimo per planare, ma anche di un vento che, se non abbiamo già imparato ad usare il trapezio, esaurirà molto rapidamente la forza delle nostre braccia. E trovarsi a un miglio dalla costa con i crampi alle braccia, incapaci di risollevare il rig per tornare a riva non è una bella esperienza….

La riserva di forze. A differenza che in altri sport, dove quando si è esausti si smette, nel windsurf bisogna farlo… un po' prima. Mi spiego: è assolutamente necessario riprendere la strada per il ritorno definitivo a riva quando ci si rende conto di aver esaurito massimo il 75% delle energie, insomma bisogna lasciarsi un po' di riserva per il ritorno, per poter affrontare l'ultimo percorso e gli eventuali imprevisti dello stesso prima di essere stremati definitivamente. Le conseguenze di un esaurimento delle forze in mezzo al mare o lago, magari con vento forte e con acqua mossa o fredda, sono immaginabili…

Qui si vuol fare del terrorismo, avranno detto molti. In realtà sono tutte cose che è indispensabile conoscere, che però vengono di solito solo accennate qua e là nelle varie istruzioni per i principianti, con la conseguenza che l'autodidatta un po' avventuroso rischia di mettersi in situazioni molto pericolose a sua insaputa. Il mare come la montagna vanno conosciuti e rispettati se si vuole godere appieno delle emozioni stupende che possono offrire.