Abbiamo tutta la nostra bella
attrezzatura con noi, magari acquistata usata ad un prezzo stracciato
(meglio!), tutta bella impacchettata. Avremo il rotolo con
custodia della vela, due pali in vetroresina o carbonio, cioè le due
sezioni dell'albero, un tubo più o meno ad elisse, cioè il
boma, un
innesto a tappo con carrucole a volte provvisto di un tubo-prolunga, il
piede d'albero, e una basetta con snodo flessibile da attaccare alla
tavole nel binario del track.
Il "pezzo di tubo" di cui si parlava, in alluminio
(o carbonio), è la prolunga, va messa tra la base d'albero e appunto
l'albero e serve normalmente per allungare l'albero di quel tanto che
basta per la vela che possediamo. Teniamo conto che invece se la vela ha
il vario-top, cioè una specie di cappuccio in cima da regolare
con un nastro o con delle corde e l'albero è appena più lungo della
tasca d'albero della stessa, la prolunga non serve (questo avviene di
solito sulle vele scuola e sulle misure piccole delle vele
wave).
Dalla parte della tavola avremo: la tavola appunto, la deriva a
scomparsa, che ci conviene lasciare sempre infilata e per adesso in
posizione tutta rientrata, la pinna attaccata sotto e dietro, e la basetta
d'albero, molto spesso oramai, diremmo sempre per le moderne attrezzature,
integrata con lo snodo flessibile;
è un componente che andrà avvitato
nel track della tavola e collegato solo all'ultimo momento al rig.
Preparazione
della vela
Allora: estraiamo e srotoliamo la vela, possibilmente su una superficie
liscia e non ruvida o meglio su un prato; poi prendiamo i due pezzi
dell'albero, li uniamo e li infiliamo un po' alla volta dal basso nella
tasca d'albero. Attenzione nel congiungere i due pezzi dell'albero o
l'albero alla prolunga nella sabbia, si rischia, una volta bagnato il
tutto, di trovarlo incastrato!
Ricordiamoci poi che dovremo predisporre albero e prolunga in modo che
la somma della lunghezza dell'albero e della prolunga preregolata da noi
corrispondano a quanto stampato sulla vela con "luff". Se invece
usiamo una vela con il variotop e un albero piu` lungo della misura
scritta come luff, dovremo allungarre il nastro in cordura del variotop
quel tanto di differenza fra i due.
L'albero farà appena un po' di fatica ad entrare nella tasca, perché
quest'ultima è curva, mentre l'albero, inizialmente, è diritto; non
preoccupatevi, non è un difetto della vela, è normale... Una volta
inserito l'albero fino in fondo, verificare che la punta dello stesso si
sia bloccata nel cappuccio terminale della vela, che potrà essere esterno
se la stessa ha il vario-top, cioè il top regolabile, o una sorta di tappo
interno, posto in cima alla fine della tasca d'albero.
Poi controllare che tutte le stecche siano posizionate da una parte
dell'albero, adesso ci sembreranno un po' sforzare la tasca, ma
dobbiamo ancora dare tensione alla vela, per cui non ci preoccupiamo.
Dopodichè prendiamo il c.d. piede
d'albero, lo infiliamo nella base
dell'albero a mo' di tappo con le carrucoline dalla parte della vela, e
cominciamo a passare la cima della scotta d'albero o scotta di caricabasso
attaccata al piede nell'anello o nelle carrucoline poste alla base della
vela; in genere sono normali 2-3 passaggi.
Consiglio pratico: se, come normale all'inizio, possedete una
sola vela, potrà essere comodo lasciare il piede d'albero attaccato alla
base della vela con la cima, meglio allora un po' più lunga del
necessario, già passata correttamente e con i passaggi lasciati laschi al
massimo; il capo libero della cima avrà un nodo a dieci centimetri
dall'estremità per evitare che la stessa si sfili. Questo sistema ci potrà
evitare le lungaggini dell'infilare ogni volta la corda nelle carrucole,
coi frequenti iniziali errori e conseguenti attorcigliamenti della scotta
dell'albero.
Prima di tirare la scotta di caricabasso è importante controllare
per un attimo che l'innesto fra le due parti dell'albero sia infilato del
tutto, tastando la tasca della vela all'incirca a metà, altrimenti
potremmo causare rotture all'albero, specie se è in carbonio.
Quindi dovremo tirare con una certa forza la scotta dell'albero o
caricabasso, posizionandoci seduti a terra e con un piede
contro la base del piede d'albero, e bloccare la cima nello strozzascotte.
Noteremo che l'albero si incurva e la vela perde in parte le sue pieghe ed
anzi assume una forma un po' panciuta da una parte, controlliamo che le
stecche siano tutte da una parte, e se ne fosse rimasta una dall'altra
spingiamola di là con delicatezza.
Poi prendiamo il boma, che avremo allungato fino a un massimo di 5 cm
in più della lunghezza scritta sulla vela e/o
sulla sua custodia (spesso come "boom"), lo passiamo dalla
base della vela con ovviamente un lato dell'elisse per parte della stessa,
e con la maniglia, cioè la parte meno allungata dello stesso e dotata del
meccanismo di fissaggio a leva, dalla parte dell'albero, meccanismo che
avremo completamente aperto prima, lascando al massimo il relativo
cordino; se al boma sono attaccate due corde ad "U" una per
parte, dovranno esser rivolte verso il basso e l'esterno, cioè verso il
piede dell'albero, anche la cima di recupero
dovrà spuntare
verso il basso.
Posizioniamo la maniglia in corrispondenza dell'apposita apertura della
tasca d'albero sulla vela, indicativamente appena sopra la metà se siamo
persone alte all'incirca 1,70 cm, a due terzi se siamo oltre 1,75, e
facciamo entrare l'albero nella "C" del meccanismo, prendiamo
l'anello di cordicella a "u" che va ad attaccarsi sull'apposita
linguetta in testa della "c" del meccanismo, e chiudiamo la leva
esterna per bloccare il tutto (tirando un po' la cordicella se il blocco
è un po' lasco).
Poi
prendiamo la cima che è attaccata dall'altra parte (quella con l'angolo
più acuto) del boma, la passiamo due volte nell'anello di bugna della
vela e nelle carrucole della bugna stessa, ne fissiamo l'estremità al
boma o alla vela, e poi, da seduti, tiriamo questa cima detta scotta di
bugna fino a tendere abbastanza la vela e a far sì che le stecche della
vela tocchino l'albero senza però esser visibilmente bloccate su di esso;
sulle vele nuove sarà sufficiente tendere appena la bugna, diciamo poco se
il vento e leggero, un po' di più se è sostenuto. Arrotoliamo la cima
che avanza intorno alla bugna e blocchiamone l'estremità con un nodo
"parlato".
Se poi la nostra vela non e' delle ultimissime, nelle quali una volta
tesa bene di caricabasso la bugna, come detto, siamo a posto, riprendiamo un attimo la scotta di
caricabasso della vela, insomma la cima che è servita per bloccarla sulla
base d'albero, e tendiamola con forza, bloccandola sullo strozzascotte. Se
la vela toccasse il piede d'albero prima di tenderla bene ma senza
esagerare, vuol dire che non abbiamo regolato correttamente l'insieme
prolunga+albero, secondo le indicazioni scritte sulla vela e/o sull'albero
come "luff", cioè tasca d'albero (anzi meglio sempre lasciare
qualche cm in più), oppure che il nostro albero è un po' più morbido di
quello previsto per la vela; verifichiamo rapidamente se possibile le
misure. Allora molliamo la scotta e la laschiamo, e allunghiamo di una
tacca la prolunga, per poi ritirare il tutto, senza mollare la bugna.
Una volta tesata bene la base della vela, o come si dice, cazzata di
caricabasso, la cima che avanza la infiliamo rapidamente nel piede
d'albero, oppure, sistema più rapido, la arrotoliamo rapidamente intorno
alla base d'albero, senza però interferire con il meccanismo o il
pulsante di attacco del piede d'albero allo snodo flessibile.
A questo punto la base della vela dovrebbe essere, per un utilizzo
normale, diciamo freeride e
principianti, molto vicina alle carrucole e
praticamente in asse con la parte terminale dell'albero chiusa dal
"tappo" del piede, come si vede dalla foto. Per il wave invece
taluni preferiscono lasciare qualche cm di spazio.
Infine,
solo se le stecche non fossero preregolate con chiave a
brugola, come in
tutte le vele moderne, ma avessero ancora la fettuccia, le tensioniamo
bene senza esagerare, basta far sparire le pieghe dalla tasca delle
stecche e dalla vela intorno.
Importante! Ricordiamoci a questo punto assolutamente di passare
l'anello terminale della cima di recupero della vela intorno al piede
d'albero, pena il ricordarcelo quando è già tutto pronto e dover allora
staccare il rig dalla tavola…
Ok, il rig adesso è pronto! Dovrebbe apparire disteso e con assenza di
evidenti pieghe, con una forma panciuta della vela nella zona del boma e
invece un aspetto allentato in balumina,
cioè in cima, specie sulle vele
moderne.
Tutto
questo procedimento, che scritto così vi parrà complesso e lungo, in
realtà con la pratica e dopo quattro - cinque volte vi verrà facile e
rapidissimo; specie se fuori soffiamo 20 nodi e voi non state più
nella pelle dalla voglia di uscire!
Prima di uscire un'ultima verifica: badando bene di non essere in pieno
vento o in prossimità di mamme - bambini - vecchiette - cani, con
un piede sul piede d'albero tirate su la vela con la cima di recupero,
fino a farla arrivare quasi verticale; attenzione a non farlo su superfici
che possono rovinare il piede d'albero. Controllate a questo punto che la
maniglia vi arrivi più o meno allo sterno, o, se non avete montato lo
snodo, un po' più in basso, diciamo allo stomaco. Inoltre - anche se
questo vi servirà al momento della planata, e sempre che dette cime siano
presenti - dovreste verificare anche che le cime del trapezio, quelle
"u" che sporgono dal boma, siano fissate in modo corretto:
dovrebbero distare all'incirca "cinque pugni chiusi" dalla
maniglia del boma, e intervallate da tre pugni chiusi, la lunghezza
dovrebbe essere tale, all'incirca, da far entrare con difficoltà il gomito nella
"u" impugnando a polso piegato il boma al centro fra l'attacco
delle due cime. Va detto però che bisognerà poi verificare la
centratura delle cimette in base alla singola vela ed in
particolare va ricordato che in genere vanno posizionate più avanti per
le vele piccole, più indietro per quelle grandi, ovviamente più lunghe di
boma.
Variante: un'alternativa da prendere in considerazione nel caso,
non infrequente, che non sia possibile montare il rig a terra, o
trasportarlo da terra in acqua senza rischi (per es. in una spiaggia
affollata o su una costa impraticabile o rocciosa), può essere, se si ha
buona confidenza con l'acqua, quello di montare il rig direttamente in
acqua. Condizione essenziale è l'assenza di onde e di corrente e la
presenza di un basso fondale con l'acqua che, sotto riva, non arrivi oltre
lo stomaco. I bravi nuotatori possono riuscirci anche senza toccare il
fondale, ma questo non è consigliabile per l'utente medio… Si
porteranno allora tutti gli elementi sulla riva, si srotolerà la vela
sulla superficie dell'acqua, s'infilerà rapidamente l'albero già
premontato sulla riva, si tapperà la base con il piede d'albero, che dovrà
necessariamente essere stato preattaccato sull'anello della base
della vela, come consigliato sopra, poi si procederà con le altre fasi.
Il vantaggio è che non strisceremo la vela sul suolo, rischiando di
graffiare o tagliare il monofilm su oggetti taglienti; questo a patto di
non lasciare nessun elemento libero e di prestare una certa attenzione.
Preparazione
della tavola
Prima
uscita in acqua
Adesso s'inizia a navigare! Va premesso che i testi classici
consiglierebbero una fase preliminare di presa di confidenza con la
tavola senza rig
e pertanto ci soffermeremo brevemente su di essa, anche se, in realtà,
la tavola da windsurf senza il rig che bilancia e stabilizza appare
molto più instabile di quanto lo sarà con lo stesso montato, e
pertanto la situazione può inutilmente impressionare e spaventare i
meno avvezzi all'equilibrio su oggetti instabili. In ogni caso:
prendiamo la tavola solamente, meglio se con deriva rientrata o
tolta e senza snodo e, lasciando il rig sulla spiaggia, portiamola
dove l'acqua ci arriva più o meno alla vita, così da lasciare un
margine di fondale per gli inevitabili tuffi… Saliamo su di essa a
metà, ponendo un piede a destra ed uno a sinistra della basetta
dell'albero e tenendoci sulla mezzeria della tavola. Prendiamo
confidenza con l'equilibrio sulla tavola, spostandoci poi
leggermente indietro e avanti e poi provando a metterci rivolti
verso la prua
e verso la poppa.
Superata questa fase, ricolleghiamo il rig alla tavola, posizioniamolo
con l'albero sottovento a 90° rispetto alla tavola, mettiamoci
dall'altra parte e facciamo sì che il vento ci arrivi sulle spalle.
Insomma, se è un vento onshore, noi dovremo avere le spalle verso il
mare, la tavola trasversalmente davanti e il rig dall'altra parte a
90°, con la maniglia del boma
rivolta possibilmente verso la prua.
Ah ricordiamoci, per il debutto: tavola grande, vela piccola, vento
pochissimo!
Consiglio pratico: va precisato che, a termini di (assurda)
legge, nella pratica del windsurf è obbligatorio sempre
indossare il giubbotto salvagente omologato almeno EN50, pena
sanzioni. Il che, se può essere assolutamente giustificato e
consigliabile in acque profonde o con vento forte o per chi non
ha grande confidenza con l'acqua, nei primi tentativi in
acqua bassa in spiaggia sembra un tantino eccessivo. Ma essendo
legge, non possiamo che invitare ad indossarne uno.
Verifichiamo che la deriva sia tutta fuori ed altrimenti posizioniamola
così. Saliamo sulla tavola in ginocchio posizionandoci con una
gamba da una parte ed una dall'altra rispetto al piede d'albero.
Prendiamo adesso la cima di recupero, mettiamo un piede
esattamente a cavallo della metà longitudinale della tavola e
alziamoci in piedi, aiutandoci leggermente con la cima di recupero,
ma senza appenderci ad essa.
Ok, siamo in piedi sulla tavola e con la cima in mano… se non
l'abbiamo presa prima, afferriamola adesso per l'estremità vicina
all'asola presa nello snodo. Adesso impugnandola bene con tutte e
due le mani messe una dietro l'altra,
flettiamo le ginocchia quasi sedendoci sui talloni e recuperiamo
più cima possibile, tirando in modo eguale con entrambe le braccia;
adesso alziamoci in piedi, senza assolutamente piegare la schiena e le spalle in avanti; anzi andiamo invece un po' indietro col
corpo per controbilanciare il peso della vela. La vela a questo
punto sarà leggermente sollevata dall'acqua, con l'albero a circa
45°: portando ancora un po' il peso all'indietro recuperiamo
progressivamente la restante parte della cima di recupero, evitando sempre
il più possibile di piegare la schiena in avanti. Teniamo
conto che più solleviamo la vela dall'acqua, più ci apparirà
leggera, e quindi, se non prestiamo attenzione e recuperiamo
l'equilibrio gradualmente, rischiamo di perdere il contrappeso che
ci reggeva in piedi e di cadere all'indietro.
Consiglio pratico: se capitasse di cadere verso la vela, sarà
consigliabile evitare di caderci… dentro! Pertanto, sarebbe meglio
cadere dalla parte della maniglia, dove non c'è insomma la vela
stesa in acqua. Se però ci accorgiamo che stiamo per finire
inevitabilmente sulla vela,appoggiamoci con le braccia sul boma:
questo ci renderà possibile talvolta anche il ritornare sulla
tavola in ginocchio, altrimenti cerchiamo di scivolare col corpo
dalla parte della bugna
senza andare con le ginocchia dentro al vela.
Un piccolo
intermezzo: coraggio, anche se in questa fase la nostra performance
fosse molto simile a certe comiche di una volta, con ripetute cadute
e tuffi in tutte le posizioni e maniere, non deprimiamoci ed
affrontiamo il tutto con spirito. Magari provare in gruppo fra
amici, stimolandoci o sfottendoci a vicenda, può essere un modo -
garantito - per farsi parecchie risate…
Ok, la vela si
sta sollevando e l'abbiamo oramai quasi a portata di mano. Se
tendesse a ritornare verso l'acqua per un colpo di vento o per
un'onda che ci sbilancia, non tentiamo di bloccarla di colpo, ma
assecondiamola un po', tentando di frenare la sua discesa mollando
un po' della cima di recupero, spostando il peso all'indietro ed
abbassandoci sulle ginocchia, ma senza impuntarci irrigidendo le
gambe e piegando la schiena in avanti. Se invece siamo quasi
arrivati ad impugnare il boma sulla maniglia, impugniamo il tratto
di albero appena sopra la maniglia con la mano che sta dalla parte
della prua, la mano davanti, che d'ora in poi chiameremo mano
dell'albero, tenendo però il braccio pressochè teso in modo
che la vela stia sempre dall'altra parte della tavola rispetto al
corpo e ci faccia da contrappeso nell'equilibrio.
Adesso il piede
che avevamo verso prua oltre l'albero lo portiamo indietro e a
fianco della basetta dell'albero stessa e contemporaneamente con il
braccio dell'albero spostiamo un po' in avanti verso la prua la
vela, ma sempre tenendola fuori del bordo opposto a quello in cui
siamo noi, cioè lasciandola sottovento. Prendiamo a questo
punto il boma con l'altra mano, detta mano della vela,
abbastanza vicino alla maniglia, poi spostiamo la mano dell'albero
sul boma, allarghiamo un po' la mano della vela posizionandola sul
boma un po' più verso la bugna, e con questa mano tiriamo
leggermente o meglio cazziamo
un po' la vela, portandola massimo a 45° rispetto alla tavola; se
questa fa troppa resistenza e tende a tirarci verso di lei, reagiamo
flettendo le ginocchia e spostando il peso indietro, evitando come
al solito di ingobbirci e di piegarci in avanti; se non bastasse, laschiamo,
cioè molliamo, un po' la vela con il braccio della vela, mentre il braccio dell'albero dovrà restare non teso ma
abbastanza disteso. Portiamo adesso il piede anteriore appena dietro
la base dell'albero.
Partiti! Se
guardate in basso in fianco ai piedi vedrete con emozione che state
scivolando dolcemente sull'acqua e vi assicuro che già questo vi
"prenderà" moltissimo!!! E vi ripagherà magari dei molti tuffi
maldestri magari rimediati finora…
Consiglio
pratico importante: potrebbe anche accadere, da adesso
in poi, di cadere sopravento all'indietro tirandosi la vela
sopra, nella situazione opposta quindi a quella - ammettiamolo, un
po' fantozziana - del tuffo sottovento in avanti nella vela.
Questa situazione va conosciuta in quanto può presentare alcuni
aspetti non proprio piacevoli, che è meglio saper affrontare.
Allora: stiamo cadendo all'indietro; il top sarebbe lasciare la vela
abbastanza presto da far si che cada ancora sottovento, dall'altra
parte, in modo da poterla recuperare poi subito e ripartire
correttamente senza troppi problemi. Se però, come spesso accade,
vediamo che non c'è nulla da fare e ci stiamo tirando dietro la
vela, teniamo conto che può capitare allora di trovarci la vela che
ci si adagia sopra sulla superficie dell'acqua e apparentemente ci
impedisce di riemergere e respirare! In realtà, consideriamo che,
nel punto più largo, la classica vela scuola sarà larga 1,80, 1,90
metri, per cui l'uscita è lì a destra o sinistra, basta non farsi
prendere dal panico. Un sistema è quello, in caduta, di non mollare
il boma per niente (solo da evitarsi ad alte velocità… non è il
nostro caso), ed usarlo come "corrimano" per uscire da
sotto la vela; oppure, se abbiamo perso o mollato la vela in caduta
e stiamo per riemergere, è consigliabile riemergendo estrarre verso
l'alto un braccio ed una mano, per evitare la non rara eventualità
che... mentre noi usciamo dal pelo dell'acqua ci finisca sulla testa
l'albero o il boma in caduta. Se la vela è invece già sopra di
noi, muoviamo un attimo il braccio per trovare il boma, al secondo
tentativo, se non lo abbiamo beccato usciamo decisi verso un lato
senza fermarci e tornare indietro.
Ok adesso siamo pronti per planare… scherzo! Un passo alla volta.
Innanzitutto prendiamo confidenza con l'andatura col windsurf.
Ricordiamoci: per correre di più dovremo cazzare
la vela tirandola con la mano della vela, per correre di meno, o se
il vento tende a tirar via la vela e magari noi dietro, bisognerà lascare
con la stessa mano, mentre il braccio e la mano dell'albero dovranno
sempre restare abbastanza distesi e fermi. Infatti, servono ad
un'altra cosa: spostando col braccio dell'albero il rig in avanti la
tavola tenderà a poggiare,
cioè a dirigersi con la prua verso il sottovento, mentre se si tira
la vela indietro la tavola tenderà a girare sopravento o verso il
vento, cioè ad orzare.
A proposito, tanti termini nuovi non devono spaventare, pensiamo che
molti provengono pari pari dal mondo della navigazione a vela in
genere, e poi non è che nello snowboard ce ne siano pochi, per
esempio.
Virata
elementare
Adesso
che sappiamo dove andare e come arrivarci, c'interesserà
anche sapere… come girarsi per tornare indietro! Quindi sarà
necessario imparare da subito almeno la c.d. virata
elementare.
Consiglio
pratico-premessa: se già ci divertiamo ad andare sù e giù
magari lungo la spiaggia (fuori dalla zona dei bagnanti!!!) e
vediamo che ci mettiamo un po' ad imparare la virata, nel
frattempo, se fosse proprio necessario cambiare subito
direzione, possiamo orzare
sempre di più inclinando la vela molto all'indietro e poi
tirarcela dietro sopravvento cadendo in acqua volontariamente;
a questo punto nuotiamo dall'altra parte della tavola, se
vogliamo la giriamo di 180° nuotando, facilitandoci cosi il
successivo recupero della vela, risaliamo e via. Il sistema
non è certo elegante, ma meglio avere un metodo di emergenza,
piuttosto che trovarsi nell'impossibilità di girare…. Però,
è molto consigliabile apprendere da subito la prima vera
manovra, la virata, secondo quanto segue.
La virata
elementare non è altro che un tornare un po' indietro nella
procedura di sollevamento del rig,
per poi compiere un lento movimento rotatorio intorno alla
base dell'albero. In ogni caso si dice virata ogni cambio di
direzione in cui la prua passa nel vento o meglio passa per un
punto dove indica esattamente la direzione del vento.
Arrivati
al punto in cui dobbiamo virare, spostiamo la mano dell'albero
sul tratto di albero appena sopra la maniglia, oppure
prendiamo la cima di recupero nel suo tratto più vicino al boma,
lasciamo la vela con la mano della vela e posizioniamola
vicino all'altra, nel frattempo spostiamo il piede anteriore
oltre la base d'albero. A questo punto, ritornati insomma più
o meno alla posizione post sollevamento del rig, cominciamo a
muoverci con piccoli passetti intorno alla base dell'albero
dando le spalle alla prua e facendo lentamente passare la
bugna sopra la poppa. Vedremo che in realtà la vela sta ferma
in "filovento", ed è invece la tavola sotto i
nostri piedi che cambia direzione. Arrivati a 180 gradi di
rotazione, cioè praticamente dall'altra parte della tavola
con le spalle verso il bordo, ma con il piede anteriore
ovviamente opposto rispetto a prima, recuperiamo la vela e
ripartiamo come prima descritto.
Strambata
elementare
Per
la strambata
elementare vale lo stesso discordo della virata, si fanno solo
gli "altri" 180° gradi di rotazione coi piedi.
Innanzitutto: strambata significa cambio di direzione
poggiando, cioè allontanando la prua dal vento in modo tale
che la poppa passi nel vento per trovarsi alla fine su una
nuova "mura", cioè lato di navigazione.
Allora:
viaggiando col vento al traverso poggiamo un po' e
contemporaneamente spostiamo il piede oltre il piede d'albero,
avvicinando a questo entrambi. Lasciamo la vela con la mano
della vela e posizioniamoci come descritto sopra per la
virata, cioè nella posizione terminale di recupero della
vela; dopodichè cominciamo a muoverci intorno alla base
dell'albero con piccoli passi, facendo però - attenzione -
passare la bugna
(per chi se lo è dimenticato, corrisponde all'estremità del
boma posta dall'altra parte dell'albero e della maniglia, per
i quali stiamo reggendo il rig), questa volta, sopra la prua.
Anche in questo caso constateremo che in realtà la vela sta
ferma e "fileggia" (anche se in realtà le attuali
vele in monofilm sono rigide e non sbattono..), ed è sempre
la tavola sotto i nostri piedi che cambia direzione. Percorsi
i 180 gradi di rotazione e giunti nella posizione opposta
rispetto a prima, con la vela perpendicolare alla tavola e
posta sull'altro lato, arrestiamoci e cominciamo a procedere
al recupero della vela e ad una nuova partenza.
REGOLE
E CONSIGLI
Ok,
adesso tutte le nozioni tecniche di base per
"scorrazzare" su e giù per il nostro spot ce le
abbiamo. Però, siccome navigare a vela ha le sue regole come
se non di più che gli altri campi, sarà il caso di
menzionarne qualcuna adesso che probabilmente ci troveremo ad
incrociare altre imbarcazioni o altre tavole a vela.
Le
precedenze. Siccome in acqua non ci sono -
salvo nei canali navigabili e nei loro incroci, zone peraltro
precluse ai windsurf - corsie e dare la precedenza o stop come
sulle strade, ci troveremo sicuramente prima o poi ad
incrociare la c.d. "rotta" (ovverosia
percorso, direzione) di un'altra imbarcazione e, se nessuno
dei due cambia appunto rotta e da la precedenza all'altro,
presto entrambi si troveranno sulla cosiddetta "rotta di
collisione"…
Precedenza
per le imbarcazioni a vela. Allora, fra
un'imbarcazione a vela ed una a motore dovrebbe avere la
precedenza quella a vela; se dico "dovrebbe" è
perché la stragrande maggioranza dei navigatori della
domenica purtroppo non sembra conoscere questa regola
tradizionale, per cui è il caso di prestare attenzione ed
anzi talvolta di richiamare quella del navigatore in erba,
magari intento ad osservare un altro windsurf voltato da
tutt'altra parte…
Precedenza
per chi ha la mura a dritta. Se invece
incrociamo un'altra imbarcazione a vela, osserviamo chi dei
due ha la mura a dritta, ovverosia ha la parte
sopravento (detta mura o murata perché nelle barche a vela
emerge dall'acqua di più dell'altra essendo l'imbarcazione
inclinata sottovento) posta a destra: ebbene chi ha la mura a
dritta ha la precedenza sull'altro. Altro sistema rapido per
immaginare la mura è quello di guardare il boma e immaginare
da che parte della prua punterebbe l'ideale prolungamento
dello stesso; questo sistema funziona meglio specie nelle
andature al lasco o di poppa.
Precedenza
per chi è sottovento. Questo vale se l'altra
imbarcazione a vela o windsurf che sia procede nella direzione
opposta alla nostra. Se però stiamo incrociando una barca che
procede più o meno nello stesso senso nostro, ma ci è
sopravvento o sottovento e sta procedendo ad un'andatura tale
per cui… siamo nuovamente in rotta di collisione, se -
poniamo - le due tavole sono più o meno alla stessa altezza e
non ce ne è una più avanzata dell'altra, avrà la precedenza
quella che sta sottovento, ossia quella delle due che,
se vogliamo dire, è più lontana al punto immaginario da dove
proviene il vento, e la tavola sopravento che vede la seconda
(il cui surfista sarà tra l'altro presumibilmente voltato di
spalle) più o meno attraverso la vela. Di altre regole
veliche più complesse riguardanti, per esempio,
un'imbarcazione sopraggiungente da dietro non è nemmeno il
caso di dar conto in questa sede, tanto sono poco conosciute
dalla media dei navigatori…
Anche
per queste due regole tradizionali, ed in particolare per la
seconda, vale comunque il consiglio dell'estrema cautela, in
quanto si riscontrano molti… ignoranti in acqua; cosa
purtroppo constatata sul campo - per esempio - anche nel regno
del windsurf, a Torbole sul Lago di Garda. Siccome avremo
oramai notato che la tavola da windsurf… non ha i freni (controvela
a parte, ma si vedrà in caso più avanti…) ed ha un
discreto abbrivio, buona norma è anticipare sempre ogni rotta
o suo cambiamento rispetto ai tempi "terrestri", e,
nel dubbio, lasciare la precedenza in ogni caso, magari
arrestandoci e rilasciando la vela nella posizione post
sollevamento o di virata-strambata elementare, se non del
tutto in acqua per arrestare la tavola il più possibile.
Ricordiamoci poi che in navigazione non si deve passare mai
vicini alle altre imbarcazioni come nel traffico urbano
terrestre, ma si deve lasciare sempre almeno qualche metro di
rispetto, necessari per evitare che un'onda o un colpo di
vento possano portare ad una collisione improvvisa.
Dopo queste regole di precedenza, alcune, altrettanto
classiche, regole di prudenza.
Il vento da terra. Con vento proveniente da
terra, detto "off-shore", nella fase di
apprendimento in cui siamo, sarà bene prestare molta
attenzione e limitarci a navigare solo, se possibile, vicino
alla costa, con mare calmo e venti non troppo forti, e,
specialmente, con tavola dotata di deriva che ci permetta di
risalire il vento verso la spiaggia. Evitare comunque di
uscire in presenza di correnti che portano al largo.
Il vento forte. Anche se ci viene l'acquolina
in bocca, sarà meglio per il momento poi evitare di uscire
quando il vento comincia a creare le cosiddette
"ochette" sulle onde, ovverosia le schiume bianche.
E' un segnale di vento ottimo per planare, ma anche di un
vento che, se non abbiamo già imparato ad usare il trapezio,
esaurirà molto rapidamente la forza delle nostre braccia. E
trovarsi a un miglio dalla costa con i crampi alle braccia,
incapaci di risollevare il rig per tornare a riva non è una
bella esperienza….
La
riserva di forze. A differenza che in altri sport,
dove quando si è esausti si smette, nel windsurf bisogna
farlo… un po' prima. Mi spiego: è assolutamente necessario
riprendere la strada per il ritorno definitivo a riva quando
ci si rende conto di aver esaurito massimo il 75% delle
energie, insomma bisogna lasciarsi un po' di riserva per il
ritorno, per poter affrontare l'ultimo percorso e gli
eventuali imprevisti dello stesso prima di essere stremati
definitivamente. Le conseguenze di un esaurimento delle forze
in mezzo al mare o lago, magari con vento forte e con acqua
mossa o fredda, sono immaginabili…
Qui
si vuol fare del terrorismo, avranno detto molti. In realtà
sono tutte cose che è indispensabile conoscere, che però
vengono di solito solo accennate qua e là nelle varie
istruzioni per i principianti, con la conseguenza che
l'autodidatta un po' avventuroso rischia di mettersi in
situazioni molto pericolose a sua insaputa. Il mare come la
montagna vanno conosciuti e rispettati se si vuole godere
appieno delle emozioni stupende che possono offrire.
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